No al decreto dignità. Dalla parte del lavoro e delle imprese

Oggi sono intervenuta in Aula per ribadire il nostro “no” al decreto Di Maio.

Chi di noi non vorrebbe ridurre il precariato o assicurare condizioni di lavoro migliori? L’obiettivo di questo decreto poteva essere condivisibile, ma le ricette che avete individuato sono errate, la direzione di marcia è sbagliata, a partire dai termini usati (dignità).

Ai lavoratori, alle imprese, in uno Stato di Diritto, devono piuttosto esser riconosciuti e garantiti diritti oltre che doveri. Lasciate stare la dignità, che per fortuna appartiene alle persone e non può certo essere concessa per decreto da voi!

Ringrazio i deputati di Forza Italia, i colleghi delle Commissioni Lavoro e Finanze e in particolare Polverini, Giacomoni e Zangrillo per il lavoro fatto in queste settimane. Vi abbiamo presentato i nostri emendamenti, ve li abbiamo spiegati e ce l’abbiamo messa tutta per cambiare questo provvedimento. La nostra è stata un’opposizione dura, ma costruttiva.

Tutto ciò perché abbiamo avvertito la responsabilità di dar voce a chi non è presente in quest’Aula, ma si cimenta nella trincea del lavoro, ogni giorno. E proprio per questo avevate il dovere di ascoltare la voce degli imprenditori, degli artigiani, dei commercianti, dei liberi professionisti che hanno definito questo decreto un cappio al collo per le loro imprese.

Ma questo governo ha scelto la strada dell’autoreferenzialità! Voi che avete sempre attaccato il palazzo, che avete sempre puntato il dito contro la casta, avete preferito chiudervi nelle vostre stanze e non ascoltare le parole di chi in Italia produce e lavora.

La presenza in Aula del ministro Di Maio in questi giorni lasciava pensare che fosse disposto ad ascoltare le nostre riflessioni, pensavamo fosse disposto a correggere e migliorare questo decreto, e invece si è dimostrato solo un mero spettatore.

Questo provvedimento non solo è il primo passo verso la decrescita, ma anche una ricetta sbagliata capace di bruciare posti di lavoro, aumentare il lavoro sommerso, mettere a rischio produttività e competitività delle nostre imprese. Un provvedimento in cui prevale una visione statalista e anti-impresa, un approccio illiberale e punitivo che temo possa riguardare in futuro anche altri ambiti come quello della giustizia e delle grandi opere;

Alla faccia del cambiamento! State cambiando in peggio l’Italia!

Altro che governo del cambiamento, voi siete il governo del no: no a Tav, Tap, Ilva. No allo sviluppo e alle grandi opere indispensabili per il Paese, anche a costo di lasciare per strada migliaia di lavoratori.

Del resto, siete rimasti solo voi a credere nel conflitto di classe.

Aziende e lavoratori, in un’economia sana, stanno dalla stessa parte, sono parti diverse di un unico destino: come può un ministro di 30 anni come Di Maio avere una chiara visione novecentesca e pensarli come due mondi contrapposti?

Diciamoci la verità: dopo la politica dei bonus a pioggia di Renzi e l’aumento della spesa pubblica, non c’era bisogno dell’ennesima riforma del lavoro. Sarebbe bastato costruire davvero un sistema efficace di politiche attive ed invece avete preferito tornare a legiferare.

Prova ne è il fatto che solo l’annuncio delle vostre politiche sta già uccidendo quel poco di ripresa che in Italia avevamo conosciuto negli ultimi anni.

Signor Ministro, lei ha evocato una flessibilità cattiva, ma se solo conoscesse il mondo del lavoro saprebbe che “flessibilità” non è una brutta parola!

In un mercato del lavoro in continua evoluzione, che chiede alle imprese di essere competitive, la flessibilità è un dato di fatto che rende quelle stesse imprese performanti e capaci di produrre ricchezza. Giusto aumentare le garanzie, ma incentivando una competitività virtuosa e non con un approccio punitivo.

E in questo scenario qual è la vostra risposta? La riduzione della durata dei contratti a termine da 36 a 24 mesi, la reintroduzione delle famigerate causali che aumenterà il contezioso, l’irrigidimento del sistema regolatorio, l’aumento del costo del lavoro. Davvero pensate che sia questa la strada per ridare dignità al lavoro?

C’è un unico tipo di lavoro che riuscirete davvero a far crescere: si chiama lavoro nero. Si chiama disoccupazione.

Certo, alcuni sondaggi dicono che questa vostra maggioranza gode oggi di un vasto consenso nel Paese. Io le dico che questo consenso è fragilissimo e da oggi comincia a sgretolarsi: state perdendo il contatto con la realtà.

L’iter di questo decreto è cominciato con uno scontro: un imbarazzante rimpallo di accuse fra ministeri e INPS. Ma chi sono i complottisti? La Ragioneria di Stato, chi ha presentato una stima che rischia di essere migliore dei risultati che il decreto produrrà? Ma vi è chiaro o no che gli 80 mila posti di lavoro a rischio nei prossimi dieci anni potrebbero essere molti di più? Altro che complotto!

 

LE BATTAGLIE DI FORZA ITALIA

Voglio entrare nel merito di alcune nostre battaglie.

I voucher, lo strumento migliore per contrastare il lavoro nero, una battaglia su cui Forza Italia non si è mai risparmiata. La conversione del lavoro temporaneo ed occasionale in lavoro a tempo indeterminato è impossibile! Ci avete fatto intendere una disponibilità a reintrodurli, dopo che la sinistra li aveva improvvidamente aboliti. Dagli amici della Lega ci aspettavamo una presa di posizione più netta, ma mai come questa volta possiamo dire che la montagna ha partorito il topolino!

In compenso, lei Signor Ministro si è preso a cuore il destino dei riders. Ha promosso incontri, tavoli, ha fatto annunci, promesse. Ha fatto bene perché sono ragazzi che svolgono un lavoro faticoso e poco tutelato. Peccato che i risultati siano pari a zero.

L’unico gesto concreto a favore di questi ragazzi sa da dove viene? Da Regione Lombardia, dove grazie al governatore Attilio Fontana e a un assessore di Forza Italia, Melania Rizzoli, si è raggiungo un accordo con le principali imprese di food delivery per garantire ai lavoratori più tutele e welfare. Questa è la nostra cultura del fare!

Anche le misure anti delocalizzazioni sono permeate della cultura del sospetto! Date un’accezione negativa a questo termine, ma sapete cosa significa “delocalizzare”? Bisogna saper distinguere tra processi di internazionalizzazione e delocalizzazione, tra comportamenti opportunistici e scelte aziendali.

Nella vostra logica comunicativa dello scontro (nemici e amici – buoni e cattivi) dite di voler tutelare le PMI rispetto alle multinazionali, ma in realtà danneggiate comunque le prime facendo scappare dall’Italia le seconde.

Non contenti, avete deciso di colpire anche l’accesso al credito per le PMI. Vi avevamo proposto un emendamento che tentava di escluderle dal perimetro applicativo delle nuove norme sugli aiuti di Stato quelli sotto forma di garanzia. Naturalmente non ci avete ascoltato.

Dei nostri emendamenti ne avete accolto uno solo, quello presentato dal collega Baldelli a sostegno delle imprese creditrici della PA. Ma lo avete accolto solo in riferimento al 2018, noi vogliamo che la compensazione sia strutturale e che la PA paghi sempre i suoi debiti. La solidarietà all’imprenditore Sergio Bramini, fallito per colpa dello Stato, non sia solo uno spot! Orgogliosi di questo risultato, ma non cambia il nostro giudizio decisamente negativo su questo decreto.

 

Voglio dire due cose anche sulla ludopatia. C’è un’involontaria ironia, signor Ministro, nelle severe norme che volete introdurre e che rischiano di alimentare il gioco illegale, quello più pericoloso, gestito dalla criminalità. Ma sapete anche voi che queste norme non funzioneranno.

E poi bella doppia morale! Dite di voler contrastare la ludopatia, ma poi pensate di finanziare questo provvedimento attingendo dal PREU, il prelievo erariale unico sui giochi. Ma ci prendete in giro? Credete che gli italiani siano stupidi?

 

Infine le semplificazioni fiscali, che chiamerei “FINTE SEMPLIFICAZIONI”! E’ una presa in giro quella sul redditometro, che non viene cancellato, ma solo sospeso per un periodo limitato. Lo è quella sullo split payment, che esclude solo i lavoratori autonomi e non si occupa delle imprese. Non una parola sulla Flat tax e sul reddito di cittadinanza.

A riguardo ve la siete cavata rendendo inammissibile un emendamento della collega Carfagna a favore delle Partite Iva. Ma di cosa ci meravigliamo, addirittura avete dichiarato inammissibile l’emendamento del collega Germanà che provocatoriamente proponeva di introdurre il reddito di cittadinanza, a voi tanto caro.

Avete bocciato tutti gli emendamenti sul Sud, una parola che non compare mai in questo decreto. Evidentemente l’elevata disoccupazione del Mezzogiorno è per voi solo un trascurabile dettaglio.

 

Mi rivolgo invece ai colleghi della Lega: con noi avete condiviso un programma, insieme abbiamo chiesto i voti agli italiani e abbiamo proposto loro una strada opposta a quella che state percorrendo.

Non sentite il disagio, la rabbia crescente di chi ci ha dato fiducia lo scorso 4 marzo? Non percepite la delusione di imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti che con questo decreto finirete per penalizzare? Come farete a spiegare ai lavoratori perché avete deciso per decreto decine di migliaia di licenziamenti?

Mi chiedo allora se è questo il centro-destra al quale pensate? Se credete davvero che sia questo il centro-destra che vogliono gli italiani?

E poi altro che asse Forza Italia – PD! Con questo provvedimento abbiamo assistito a molti voti trasversali sugli emendamenti, una strana maggioranza che va dalla Lega ai 5 Stelle e al Partito Democratico.

I governi Berlusconi non hanno mai pensato di affossare imprese e lavoratori: abbiamo riformato il mercato del lavoro con la Legge Biagi, con l’alternanza scuola – lavoro, con l’apprendistato. Da allora il dramma della disoccupazione si è aggravato sotto i governi della sinistra e ora sta peggiorando al solo annuncio delle politiche dei 5 Stelle.

Colleghi della Lega, fino a quando permetterete con il vostro nome, con il vostro voto, tutto questo?

Noi voteremo orgogliosamente no a questo decreto, che oggi farete passare con la forza dei numeri, numeri di una maggioranza che non è uscita dalle urne. Ma il nostro no è il no della maggioranza vera degli italiani, di quell’altra Italia che spero possa tornare presto ad essere la maggioranza in questo Parlamento.

Noi continuiamo a credere nel centrodestra, lo ha ribadito anche oggi il Presidente Berlusconi.

Per questo agli amici della Lega chiedo di remare tutti nella stessa direzione, verso quel modello di Paese che mette al
primo posto gli italiani. Noi siamo pronti al confronto ma non accettiamo imposizioni, perché in democrazia si discute ma non esistono diktat.

 

 

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