Buona scuola, meno precari non significa qualità migliore

Gelmini_ForzaItalia

La sfida è costruire una scuola che porti i ragazzi nella modernità del sapere

Dopo la convention del PD su scuola e istruzione, è ormai chiaro, per ammissione dello stesso Governo, che gran parte della “Buona Scuola” consisterà in un poderoso piano di assunzione di nuovi docenti. Il Ministro Giannini ha parlato di un Jobs Act della scuola per ridurre il precariato.

È però evidente che non è con l’assunzione in massa di precari che si innalza il livello qualitativo delle nostre scuole, pur rispettando le legittime aspettative di tutti.

Il precariato è un problema da affrontare in modo strutturale, attraverso una programmazione pluriennale delle assunzioni e delle abilitazioni, innovando anche le modalità concorsuali. Gli iscritti nelle Gae (Graduatorie ad esaurimento) sono sola una parte della folta schiera di precari del comparto dell’istruzione. La loro immissione in ruolo non  è risolutiva di un problema più ampio e questa sanatoria rischia di aggravarlo.

Migliorare la qualità del nostro sistema di istruzione e ridare fiducia alle famiglie nelle scuole è possibile soltanto concentrandosi e lavorando sulla qualità dei docenti e su un’offerta didattica attenta al passato ma capace di guardare al futuro. Con il Governo Berlusconi abbiamo cercato di migliorare la media italiana studente/docente ai livelli sanciti dall’OCSE. In termini numerici gli insegnanti non mancano, anche se sono carenti quelli di alcune classi di concorso. La “Buona Scuola” si può essere definita riforma solo se forma studenti pronti a risolvere questioni complesse e quando fornisce loro competenze spendibili nella società. Questo obiettivo si può raggiungere soltanto con un corpo docenti altamente qualificato capace di insegnare un metodo e di trasmettere nozioni.

Investire significa dotare le scuole dei migliori insegnanti che siano in grado di rispondere ai bisogni dei ragazzi e prepararli ad affrontare le sfide della modernità.

Condividiamo i propositi della “Buona Scuola” che vedono i docenti protagonisti di un ruolo sociale e pedagogico di primo livello. Per questo, continuo a sostenere la necessità di promuovere il merito dei docenti le cui performance  devono essere misurate  attraverso un compiuto sistema di valutazione. La buona scuola non sembra prevedere nessuna di queste due componenti essenziali quanto complementari. Anzi, sul merito il Governo ha fatto marcia indietro reintroducendo la componente dell’anzianità di servizio. Inoltre, sulla definitiva organizzazione del sistema nazionale di valutazione costruito sull’INVALSI, l’INDIRE e sugli ispettori non destina nemmeno le risorse necessarie all’implementazione minima delle attività previste dalla specifica direttiva del Ministro Giannini. La sproporzione tra i tre miliardi destinati al piano di assunzione e le pochissime decine di milioni necessarie al sistema di valutazione è ampia e stridente per un provvedimento che intende riformare profondamente il nostro sistema di istruzione e formazione.

Inoltre, assumere 130.000 docenti dalle GAE per risolvere i problemi della nostra scuola, non è la soluzione giusta soprattutto perché non sappiamo quanti di questi docenti hanno le competenze necessarie per la scuola del futuro.

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