Buona volontà e vecchi riflessi

Di Enrico Marro – Da Il Corriere della Sera

Ottanta articoli e qualche difetto

Ottanta articoli «per gli italiani che vogliono fare», dice il presidente del Consiglio Enrico Letta. Col provvedimento approvato sabato il governo prova a invertire le aspettative, superando la fase dei sacrifici acuti che ha caratterizzato il «montismo». Le aspettative sono importanti, ma il decreto «del fare» è solo un primo passo. Ora ci vuole che il Parlamento lo approvi rapidamente, che le imprese facciano la loro parte e che l’esecutivo affronti con coraggio il taglio della spesa e la lotta all’evasione.

Le misure più importanti del decreto sono indirizzate agli imprenditori. I 5 miliardi della Cassa depositi per i prestiti agevolati; il potenziamento del fondo di garanzia; l’alleggerimento del costo dell’energia; i tre miliardi spostati sulle infrastrutture comunali; l’allentamento della morsa di Equitalia e il piano per smaltire un milione di cause civili prefigurano un ambiente meno ostile all’impresa. Che si spera venga colto. Anche le famiglie, con più difficoltà, possono trovare qualcosa di buono: dalle bollette che si ridurranno (ma prima vediamo di quanto) alle borse di studio per gli studenti fuori sede. Oggettivamente segnali modesti, in attesa delle decisioni che il governo deve ancora prendere su Iva, Imu e occupazione giovanile, cruciali per stabilire se l’esecutivo Letta sarà capace di una manovra a tutto tondo per la crescita.

Il decreto varato venerdì è la dimostrazione che si possono prendere decisioni utili senza dover ricorrere per forza a manovre lacrime e sangue. E ciò è buono per far tornare un clima di fiducia e ottimismo. Ora però è auspicabile continuare con coerenza e trovare le risorse, questa volta denari sonanti, per le scelte più difficili. Servono svariati miliardi per sciogliere tre nodi ineludibili: l’Iva, l’Imu e gli incentivi alle assunzioni dei giovani. Poiché non ci sono i soldi per far tutto, bisogna partire dalle cose più urgenti. In questo senso, un rinvio sull’Iva, spostando di qualche mese l’aumento dal 21 al 22%, consentirebbe intanto di investire sul lavoro, priorità fra l’altro in linea col percorso cominciato venerdì, e di cercare le risorse per la riforma del prelievo sulla casa. Come hanno scritto Alesina e Giavazzi sul Corriere , ogni anno lo Stato spende 350 miliardi di euro, al netto delle pensioni: possibile che non si riesca a trovare qualche miliardo per coprire Iva e Imu? Possibile se il Tesoro continua ad essere sommerso da richieste dei partiti di nuove e ingenti spese da coprire «in qualche modo», mai con tagli di spesa e spesso con nuove e improbabili tasse: sulle sigarette, gli alcolici, i giochi e via dicendo. Del resto, anche la copertura degli ecobonus è stata alla fine trovata aumentando alcune aliquote agevolate dell’Iva. Si rischia così di perdere l’occasione unica di un governo di larghissima maggioranza per affondare il coltello negli sprechi della spesa pubblica.

Una considerazione analoga si può fare anche dal lato delle entrate. Sappiamo che ogni anno ci sono almeno 120-150 miliardi di euro di tasse evase. Possibile che non si riesca a recuperarne 4-6-8 in più di quanto fatto finora? Il CorrierEconomia spiega che ci sono 129 banche dati che se fossero incrociate tra loro permetterebbero una lotta più efficace all’evasione. A chi paga le tasse interessa certo che il fisco sia amico, ma anche che faccia pagare chi finora non lo ha fatto. Sono anni che non si va oltre 10-12 miliardi di maggiori entrate da lotta all’evasione. Quanti ne incasseremo nel 2014 grazie al fisco amico?

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