E sullo sfondo della Grecia i partiti pro-Monti attendono gli eventi

di Stefano FolliIl Sole 24 Ore del 16.05.2012

Sullo sfondo del disastro greco e con il Pil che va a picco, l’Italia politica continua a manifestare una singolare apatìa. Sul piano europeo ha delegato a Monti di negoziare con la Germania e gli altri partner qualche vantaggio per la nostra economia. Ma qual è il supporto che le forze politiche offrono al presidente del Consiglio? Nella sostanza è abbastanza generico, secondo il principio del minimo indispensabile. Certo, Pierluigi Bersani vorrebbe che il profilo dell’Unione fosse più politico, che la Banca centrale avesse un ruolo più incisivo, che i mercati finanziari fossero regolati.

E Casini, a sua volta, si unisce al coro contro Moody’s, l’agenzia di rating che ha colpito a sorpresa le banche italiane, declassandole di nuovo. Il leader dell’Udc ci legge la trama di «un disegno criminale» e auspica l’avvento di un’agenzia europea che sostituisca quelle anglosassoni. Ottima idea, tuttavia non proprio a portata di mano.

Sono frasi di buon senso che chiunque potrebbe sottoscrivere, ma non aiutano più di tanto il presidente del Consiglio nel suo difficile cammino. In tempi di recessione, chi non è favorevole a riprendere la crescita? Forse più significativa è la colazione che oggi Monti offre a Berlusconi, accompagnato da Alfano e Gianni Letta. A cinque giorni dai ballottaggi e alla vigilia del G8 di Camp David, l’incontro ha un valore politico da non sottovalutare. È un gesto di riguardo verso il partito di maggioranza relativa (almeno nell’attuale Parlamento) e verso il predecessore di Monti: tanto più dopo i recenti equivoci.

Ma l’incontro, se ha un senso, è quello di sottolineare l’appoggio del fronte berlusconiano al governo tecnico. Nei giorni scorsi, all’indomani del primo turno delle amministrative, si era levato un vento minaccioso di cui era prova l’aspra campagna del “Giornale” e di “Libero” a favore delle elezioni anticipate. Però Berlusconi ha imboccato la strada opposta a quella invocata dagli intransigenti e ha confermato il sostegno a Monti. Certo, con l’avvertimento che «non esistono cambiali in bianco», che le tasse sono troppo alte e che «voteremo solo le misure che ci convincono». Del resto i punti controversi non mancano, a cominciare dalla legge anti-corruzione e dalla Rai. Ma è evidente che al vertice del Pdl non hanno intenzione di affossare il governo, ben sapendo che siamo sull’orlo dell’abisso, senza alternative e con l’area moderata tutta da ricostruire.

Il problema in ogni caso è il «che fare» dei prossimi mesi. I partiti della non-maggioranza si limiteranno a votare in modo svogliato il governo? O cominceranno a porre le fondamenta politiche della prossima legislatura? I fatti dicono che sulle riforme siamo in alto mare. Luigi Zanda parla di una data limite, il 28 maggio, per portare in aula al Senato il pacchetto costituzionale. Poi sarà troppo tardi (in tanti pensano che già lo sia).

La riforma elettorale assomiglia sempre di più alla classica tela di Penelope. Ora è stato riesumato persino il doppio turno alla francese, modello eccellente ma che per anni era stato lasciato nel cassetto. La sensazione è che il “Porcellum” goda di ottima salute. Giorgio La Malfa sul “Foglio” vorrebbe un’iniziativa parlamentare comune di Pdl, Pd e terzo polo. Una sorta di prova generale della grande coalizione pro-Europa nella prossima legislatura. Ma per ora la tattica prevale di gran lunga sulla strategia.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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