Fisco, tutti scoprono che il Cav ha ragione ma Renzi non ci sente

Mentre Corriere della Sera e Sole24Ore sposano le proposte di Berlusconi, il ministro Poletti annuncia tagli alle pensioni.

Berlusconi

Di Francesco Cramer – Da Il Giornale

Tutti dicono la stessa cosa: bisogna subito abbassare le tasse e metter mano a riforme strutturali, in primis quella del mercato del lavoro.

Quello che ha sempre sostenuto il Cavaliere. È la ricetta principe, il core business del messaggio forzista da vent’anni e che oggi più che mai diventa urgente. Ma gli articoli di ieri, per Berlusconi, sono un po’ la scoperta dell’acqua calda.

Chi lo sente descrive il premier sereno, riflessivo, attento alle questioni nazionali e internazionali e intento a riposarsi con massaggi e diete. Le quali, tuttavia, non leniscono le preoccupazioni per il Paese. L’economia è al palo e all’orizzonte non si vede nulla di buono. Mancano risorse e il rischio che il premier sia costretto, in autunno, all’ennesima manovra è reale. Il capogruppo alla Camera Renato Brunetta ha già fatto i conti: mancano all’appello circa 30 miliardi. Ma mettere ancora una volta le mani nelle tasche degli italiani per stare dentro i rigidi parametri europei vuol dire peggiorare ancor di più la situazione. Un cane che si morde la coda: più si tassa, più si deprime l’economia, più i conti non torneranno. Il circolo vizioso si interrompe soltanto adottando l’agenda Berlusconi, come sostengono Alesina, Guiavazzi e Tabellini che però non citano mai il Cavaliere. Scrivono Alesina-Giavazzi: Occorre «tagliare subito, e in modo permanente, le tasse sul lavoro di almeno due punti di Pil (cioè circa 33 miliardi l’anno, l’ipotesi in questo momento più ragionevole anche se si potrebbe pretendere di più) e al tempo stesso approvare tagli di spesa della medesima entità. Questo dovrebbe essere accompagnato da una liberalizzazione del mercato del lavoro affinché la maggior domanda che si creerebbe possa produrre posti di lavoro “veri” e non solo precari perché l’articolo 18 spaventa gli imprenditori».

Berlusconi non può che condividere ma Renzi? Il Cavaliere non crede che il premier possa fare dietrofront su quanto già impostato in materia dal suo governo. Il Jobs Act è già incardinato ed è considerato un «pannicello caldo» lontano anni luce dall’essere quella riforma strutturale che necessita al Paese. Non solo: sempre sul Corriere della Sera non è piaciuta l’intervista del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che oltre a scansare il problema dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, abbozza a un «contributo di solidarietà» per trovare degli ammortizzatori sociali per chi perde il posto di lavoro. Altre imposte, quindi. Infatti Mariastella Gelmini twitta sintetica: «Poletti pensa a un contributo per le pensioni più alte. Si scrive contributo ma si legge tassa. Sono le solite ricette della sinistra…».

Insomma, così non va. E mentre dal Mattinale curato dallo staff di Brunetta si continua a offrire la ricetta forzista per uscire dal pantano («Se non vuole prendere le proposte dell’agenda Berlusconi chiamandole così, le chiami Tabalegiaz, che ha un sapore originale» da Tabellini, Alesina, Giavazzi ndr ), il Cavaliere dubita che Renzi abbia la forza di virare a destra. Anche tutto questa bramosia a soccorrere il premier sull’economia viene decisamente ridimensionato da chi ha contatti quotidiani con Arcore. «Noi stiamo bene all’opposizione perché il programma di Renzi non dà la scossa che serve al Paese. Punto».

A conferma che il premier non virerà sulla politica economica come invece auspicato dal Cavaliere è quanto si riporta nei corridoi più interni del Quirinale. Anche il quirinalista del Corsera , Marzio Breda, conferma indirettamente che Napolitano avrebbe chiesto a Renzi di non accettare il salvagente di Berlusconi. «Nessuno shock in economia, nessuna riforma liberista e liberale, bensì l’invito semmai ad andare più piano, da vecchio capo (comunista) scout al troppo entusiasta Renzi», è il commento sconsolato del Mattinale .

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