La grigia estate di Renzi: riforme e crescita al palo

Di Vittorio Macioce – Da Il Giornale

Matteo Renzi

Roma, 28 lug. 2014: Dal nuovo Senato alla crisi economica, il premier non si aspettava un percorso così pieno di ostacoli. Chi gli batteva le mani è già pronto a brindare al fallimento.

Non c’è più l’estate. Nascosta, smarrita, tradita, attesa, disoccupata. Sembra autunno e così tutti parlano d’autunno, pensano all’autunno, si organizzano, rimandano all’autunno. È come se questo che stiamo vivendo fosse un tempo vuoto, un’anomalia, un ottimismo svanito. Ora tutto questo non è certo colpa del governo. Le stagioni sono balzane, ogni tanto si vestono di un abito improvviso, recuperato da qualche anno lontano. Sembra che questa estate, per esempio, assomigli a quella del 1951. Allora al governo c’era De Gasperi. Magari qualcuno l’ha evocato per sentirsi un po’ un giovane padre della patria. Fatto sta che questa estate senza sole assomiglia allo stato d’animo di Renzi.

Matteo è salito a Palazzo Chigi con una valigia carica di ottimismo e un rosario di riforme da fare in fretta. Questa doveva essere un’estate da re sole. Radiosa, splendente, zuzzurellona e con la crisi da guardare dallo specchietto retrovisore. Un’estate da canzonette allegre, da Righeira, da indianata e da boy scout, per dire a settembre che «i tempi stanno cambiando», con cartoline su cui scrivere: fatto, vistato, ok, andiamo avanti. Invece questa estate renziana, cavolo, non arriva. Si sta chiusi in Parlamento con il cielo grigio e una banda di rappresentanti del popolo che si azzuffa come bambini su come votare la prossima volta che si vota, su che fine farà il Senato e cosa dice l’Italicum e cosa resta del Porcellum e se il filibustering , ossia l’ostruzionismo delle opposizioni, sia democratico o solo una rottura di scatole. Attenzione. Non è che le riforme istituzionali non siano importanti, ma fatte così assomigliano a una riunione condominiale. Il sospetto è che l’estate non arriva perché il futuro che partiti e partitini hanno in mente è sempre e solo a forma di poltrona. E se il futuro è una poltrona bene che va finisci dallo psicanalista.

Renzi si sta accorgendo in questi giorni che la sua azione non lascia il segno. Aveva scommesso su un cambio di rotta economico che avrebbe dovuto manifestarsi proprio nell’estate 2014. Ha sbagliato previsioni. La partita è molto più difficile di quanto potesse immaginare. «Nessuna manovra correttiva per il 2014, per il 2015 vedremo ad ottobre». Non basta il 40 per cento alle Europee per vincere. Serve qualcosa di più, per esempio un governo e una maggioranza che ti segue davvero. Renzi forse non ce l’ha. Si sta logorando e quelli che poco tempo fa gli battevano le mani sono pronti a non condividere il rischio di un fallimento. Nel suo partito sono in tanti che sotto sotto brinderebbero a una sua sconfitta. Il gruppo parlamentare Pd non è certo in maggioranza composto da suoi fedelissimi. Gli alleati di centro forti dei loro quattro voti elettorali pensano soprattutto a tirare a campare. E l’unica cosa che chiedono al premier è una soglia di sopravvivenza, da scrivere da qualche parte sul testo delle riforme. Da scrivere a caratteri cubitali, per non correre rischi.

La verità è che tutti i protagonisti della politica continuano a costruire scatole elettorali ma non sanno cosa metterci dentro. Tutti pensano a riposizionarsi, un po’ più a sinistra, al centro, a destra della destra o a sinistra del centrodestra, ma non si parla di contenuti. Quelle scatole sono vuote. E se non le riempi di idee, di progetti, di identità poi è chiaro che l’estate non arriva. È il solito incerto autunno di sempre. Quello con un debito pubblico così profondo che non permette di ridurre le tasse, quello di uno Stato che non dimagrisce mai, quello di un’economia italiana da troppi anni senza ossigeno. Siamo sempre in una voragine, come quella reale e simbolica che si è aperta a Milano. E adesso Renzi il magnifico invita tutti ad accontentarsi, potrebbe andare peggio: «Non c’è il sole, ma nemmeno il temporale».

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