L'ombrello e la scialuppa

di Pierluigi BattistaCorriere della Sera del 01.10.2012

Ora è esplicito che l’arcipelago neocentrista, il nuovo partito di Montezemolo, quello di Casini, quello di Fini più altri e variegati frammenti della galassia moderata andranno alle elezioni con un candidato che non si candida: Mario Monti. Non si sa come la prenderà l’attuale presidente del Consiglio. Si sa però che la prenderanno bene le istituzioni europee, i mercati, gli investitori, gli alleati dell’Italia, i partigiani dell’euro timorosi che con le elezioni vada smarrito il rigore e il recupero di credibilità internazionale incarnato dalla figura di Monti, nonostante incertezze ed errori nell’azione di governo. Si allontana il rischio che con il «ritorno della politica» l’Italia sprofondi nuovamente nelle cattive abitudini della spesa spensierata e del consenso pagato con i debiti. Ma, paradossalmente, è proprio la nascita di un «partito» pro Monti a nascondere un’insidia per l’attuale presidente del Consiglio e per i sostenitori di un «Monti bis».

Il rischio maggiore è che il governo tecnico, diventando la bandiera di una parte, smarrisca quel connotato ecumenico che ne fa l’espressione di una grande coalizione cementata dal senso di responsabilità per l’Italia che non si è ancora liberata dallo spettro del collasso; lasciando peraltro, come doveroso in una democrazia, la parola al voto degli italiani. Il secondo rischio è che la campagna elettorale che si sta per aprire perda ogni significato sul piano dei contenuti per trasformarsi in un referendum pro o contro Monti. Il terzo riguarda il fronte che si schiera a favore del Monti bis a priori, che finisce per fare un simbolo del premier chiamato a salvare l’Italia dal fallimento, ma anche per trincerarsi dietro una nobile figura apprezzata dalla comunità internazionale per evitare i difficili dilemmi di una scelta. Che cosa ha da dire il nuovo arcipelago centrista sul futuro dell’Italia? Mario Monti è una garanzia, certo, ma forse l’ endorsement a favore del Monti bis esime una forza politica dalla fatica della proposta, dall’agenda che si vuole suggerire, dalle scelte dolorose che si devono compiere?

È chiaro che la stessa ipotesi di un nuovo governo Monti non può prescindere dal riconoscimento che solo un’ampia maggioranza di «unità nazionale» potrebbe garantirne la base e la solidità. E che in una situazione in cui il disagio sociale è destinato inesorabilmente ad acuirsi, solo la scelta delle principali forze politiche di stare insieme può consentire a un governo tecnico di proseguire la sua azione dopo la consultazione elettorale. Intestarsi unilateralmente il nome e l’immagine di Monti potrebbe perciò risultare, oltre che errato in linea di principio, pericoloso e controproducente anche per chi sostiene la necessità di non tornare alla paralisi in cui si era cacciata la «vecchia» politica. Senza considerare che la stessa configurazione degli attuali schieramenti politici potrebbe essere travolta se nelle primarie del Pd e del centrosinistra dovesse prevalere il ciclone impersonato da Matteo Renzi. I moderati italiani (sempre che questa denominazione abbia un senso) stanno finalmente impegnandosi a dare rappresentanza politica a quella parte dell’Italia che non vuole veder dispersi i risultati del governo Monti. Ora sta a loro non ottenere risultati opposti a quelli sperati. E non apparire come politici che si aggrappano alla scialuppa di Monti cercando di scansare il naufragio.

Fonte: Corriere della Sera

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