Di Paolo Baroni – Da La Stampa
I dati Unioncamere: consumi giù, produttori al palo
Trentacinque fallimenti al giorno. Ogni due ore in Italia muoiono 3 imprese: 5.334, per la precisione, nei primi cinque mesi dell’anno. Duecentottantaquattro in più (+5,6%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La fotografia che scatta Unioncamere nel suo ultimo rapporto sulla crisi italiana, che la Stampa è in grado di anticipare, è impietoso. E’ la rappresentazione esatta di quel baratro di fronte al quale ci troviamo da mesi, o se vogliamo l’ultimo fotogramma del film della caduta senza fine della nostra economia: sono i numeri che fanno disperare le nostre imprese e vivere nell’inquietudine il governo.
Oltre ai fallimenti crescono anche le domande di concordato, addirittura triplicate rispetto al 2012: passate da 539 a 904 casi (+68%). In alcuni casi si tratta di un modo per procrastinare situazioni già molto compromesse, in molti altri è invece la via breve per serrare i cordoni della borsa e liberarsi (per un po’) di tanti creditori.
Nessuno paga più
Le imprese muoiono perché i consumi continuano a scendere, perché non riescono o non possono agganciarsi al treno dell’export, perché i costi sono troppo alti. Ma anche perché, spiega Unioncamere, i clienti, spesso altre aziende, non pagano. Insomma si fallisce – e pure tanto – non solo per debiti ma anche per crediti non riscossi. Non solo dallo Stato, che in queste settimane poco alla volta ha iniziato a pagare i suoi primi 20 miliardi di arretrati, ma dai privati.
Manifattura al capolinea
I settori più colpiti sono le attività manifatturiere (1131 fallimenti), le costruzioni (1.138) e il commercio, sia al dettaglio che all’ingrosso (1.203). Ma anche le attività immobiliari non se la passano bene con un aumento del 117,4% delle istanze (salite da 135 a 250). Idem le attività di trasporto e magazzinaggio: +49,5% (da 93 a 281 fallimenti). A fallire sono soprattutto i costruttori edili (680, +67,1%), e le aziende che effettuano lavori di costruzione specialistici (413, +70%). A ruota seguono le attività immobiliari ed i trasportatori (202, +75,7%), ma soffrono anche i ristoratori (202 fallimenti) e ed i fabbricanti di mobili (113 procedure, +91,5%).
Le difficoltà del settore edili ed immobiliare sono fotografate bene anche dall’impennata delle domande di concordato arrivate da questo comparto: +277,3% per le attività immobiliari, +141,7% per le costruzioni. Boom anche nel settore delle industrie alimentari (+222,2% a quota 29) e nel commercio all’ingrosso, +145,5% a quota 108.
Il Ko da Nord a Sud
E’ Milano la città che conquista il primato in questa per nulla entusiasmante graduatoria con circa il 10% di tutti i fallimenti, 525 nei primi 5 mesi del 2013, uno in più del 2012; seguono Roma (466), Napoli (217), Torino (209) e Brescia (143) come Firenze. A livello regionale il record spetta pertanto alla Lombardia (1211 fallimenti, +95), seguita da Lazio (595, +11,4%) e Veneto (454, +11,5%). Mentre sono Toscana (+38,2% a quota 441), Calabria (153, +24,4%) ed Emilia Romagna (+15,1% a quota 428) a segnare i rialzi più forti, segno che la crisi sta penetrando in profondità ovunque nel Paese e non risparmia nemmeno le aree (Emilia, Toscana e Veneto) tradizionalmente più dinamiche ed attrezzate per far fronte alle tempeste dei mercati.
È il segno che il male è ormai diffuso in tutto il corpo del Paese, e che la cura deve essere rapida. E soprattutto molto forte.