XVII LEGISLATURA – Proposta di legge N. 1100

XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1100

PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati
GELMINI, BRUNETTA, BERGAMINI
Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante
Presentata il 29 maggio 2013

Onorevoli Colleghi! L’articolo 21 della Costituzione tutela la libertà di espressione dei cittadini. Il codice penale prevede però pene piuttosto severe per il reato di diffamazione compiuto tramite pubblicazioni o testate regolarmente registrate.
La legge 8 febbraio 1948, n. 47, recante «Disposizioni sulla stampa», all’articolo 13 (Pene per la diffamazione) prevede la reclusione da uno a sei anni e la multa non inferiore a 500.000 lire per chi commette diffamazione col mezzo della stampa, mentre gli articoli 594 e 595 del codice penale stabiliscono, rispettivamente, la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a euro 516 per il reato di ingiuria e la reclusione fino a un anno o la multa fino a euro 1032 per il reato di diffamazione.
Nei tribunali italiani non si contano i procedimenti penali avviati a seguito della presentazione di querele da parte di persone che si ritengono diffamate da uno scritto. Attualmente, il dettato codicistico non impedisce che un giornalista o un direttore di testata possa varcare la soglia di un carcere. La pena massima di tre anni, aggravata per determinate fattispecie, spesso impedisce che possano essere concesse dal giudice misure alternative alla detenzione, soprattutto se il condannato è recidivo, magari per lo stesso titolo di reato o, comunque, con precedenti penali di altra natura. Una differenza evidente rispetto a diversi Paesi dell’Unione europea, ordinamenti dove gli articoli dal contenuto diffamatorio vengono classificati da un giudice civile.
Si rende necessaria una decisa inversione di rotta. In realtà sono anni che si chiede al Parlamento (nel corso della XIV legislatura la Camera dei deputati ha anche approvato un testo unificato – atto Camera n. 26-385-539-588-1177-1243-2084-2764-3021-4355 – dopo un approfondito esame durato oltre due anni, poi ripresentato anche nella XV e XVI legislatura) di superare la rigida disciplina attuale che espone il giornalista, spesso in buona fede, ad elevati rischi che possono interferire con la libertà di espressione e di critica e con il diritto di cronaca. Tuttavia, non si è ancora riusciti a dare una risposta adeguata a tale legittima richiesta in ragione dell’estrema difficoltà che si incontra nel contemperare questa esigenza con quella, sicuramente non meno rilevante, di assicurare sempre e comunque un’effettiva tutela dell’onore delle persone offese dalla notizia o dal giudizio diffamatorio. L’onore è infatti un bene inscindibilmente connesso all’individuo, la cui tutela costituzionale risiede nella pari dignità sociale delle persone: un valore che se distrutto con mezzi d’informazione, difficilmente può essere recuperato. Detto questo però si può pensare a pene non detentive, ad una serie misure interdittive e a pene pecuniarie che possono essere più deterrenti rispetto alla pena detentiva che talvolta può apparire spropositata.
La presente proposta di legge intende quindi rivedere la disciplina modificando la legge sulla stampa (legge 8 febbraio 1948, n. 47), il codice penale e il codice di procedura penale.
In particolare l’articolo 1 modifica la legge n. 47 del 1948 ampliando l’ambito applicativo dell’istituto della rettifica, prevedendolo anche per la stampa non periodica (come i libri), riformulando il reato di diffamazione con il mezzo della stampa per fatto determinato e disciplinando il risarcimento del danno. Riguardo a quest’ultimo aspetto, si prevede che quando il giudice procede alla liquidazione del danno in via equitativa, l’entità del danno non patrimoniale non possa comunque eccedere la somma di 50.000 euro, in ragione della diffusione del mezzo di informazione e della situazione economica dell’autore dell’offesa, salvo i casi in cui la lesione sia avvenuta a seguito della pubblicazione dolosa di un fatto falso e diffamatorio. Si è scelto di limitare al fine di ridurre l’eccessiva discrezionalità del magistrato nel determinare la somma da risarcire nei casi in cui non sia possibile utilizzare parametri oggettivi.
L’articolo 2 interviene sul codice penale, modificando il regime dei delitti contro l’onore, l’ingiuria, la diffamazione e la diffamazione con il mezzo della stampa.
Viene inoltre modificato il codice di procedura penale (articolo 3), prevedendo la sanzione pecuniaria in caso di querela temeraria. Si tratta di una norma volta a ridurre il rischio di querele presentate solamente come forma di pressione psicologica in vista di un risarcimento civile, fenomeno che vede proprio i giornalisti quali principali vittime.
Tornando alle disposizioni penali del testo, l’articolo 595 del codice penale è modificato prevedendo per il delitto di diffamazione a mezzo stampa la pena della reclusione fino a due anni o la multa fino a 5.000 euro, ove l’attribuzione del fatto falso sia avvenuta con la coscienza della sua falsità e con la volontà di diffonderlo al fine di ledere l’altrui reputazione. Negli altri casi si applica la sola multa fino a 3.000 euro.
Alla diffamazione si applicano le nuove disposizioni introdotte nella legge 8 febbraio 1948, n. 47, sulla improcedibilità della querela, nel caso in cui l’autore dell’offesa o il direttore responsabile del giornale o del periodico o il responsabile della trasmissione radiofonica o televisiva pubblichi o diffonda anche spontaneamente una rettifica. A tale proposito è da chiarire che la rettifica rimane uno strumento a tutela della parte offesa, alla quale è lasciata la libera scelta di utilizzarlo o meno.
La disposizione che riduce a un anno il termine della prescrizione dell’azione civile ha la propria ratio nella funzione stessa del risarcimento dei danni derivanti dalla diffamazione con il mezzo della stampa. Si tratta, infatti, di situazioni nelle quali il pregiudizio perde di intensità con il passare del tempo.
La presente riforma, limitando a pochi e gravi casi il ricorso al carcere e mettendo in evidenza l’esigenza che le pene pecuniarie alternative alla detenzione siano proporzionate e non eccessive, (perché se non lo fossero potrebbero determinare, al di là delle intenzioni, una limitazione di un diritto di grande rilevanza, qual è la libertà di espressione e di informazione) è in linea con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che considera quello di libera espressione un diritto centrale nel sistema di salvaguardia dei diritti. In questo ambito, la Corte ha sempre sottolineato il ruolo esercitato dagli organi di stampa, da cui consegue la loro funzione di riferire al grande pubblico su fatti di interesse, e ha considerato le sanzioni a carico dei giornalisti come un’ingerenza nell’esercizio di tale diritto. Molte sentenze recenti hanno constatato una violazione dell’articolo 10 della Convenzione dei diritti dell’uomo in merito alla libertà di espressione, e in ciò hanno generalmente fatto leva sulla mancanza del requisito della proporzione.
La riforma prevista nella presente proposta di legge tutela quindi il reato di diffamazione, percepisce l’importanza della grande responsabilità della categoria dei giornalisti, e intende porre l’efficacia dei vincoli e della disciplina deontologici a tutela dei diritti delle persone, avendo sempre riguardo per il diritto dei cittadini a un’informazione libera su qualsiasi argomento senza censure, tanto meno preventive.
La presente proposta di legge contiene dunque una riforma estremamente importante, perché volta a garantire effettività a diritti di rilevanza costituzionale.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47).

1. All’articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il primo comma è sostituito dal seguente:
«Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti ai quali siano stati attribuiti fatti o immagini o dichiarazioni da essi ritenuti falsi e lesivi della loro reputazione purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale»;

b) al secondo comma, dopo le parole: «sono pubblicate,» sono inserite le seguenti: «senza commento, a meno che la rettifica non contenga notizie false,»;

c) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
«Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 32 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni»;

d) dopo il quarto comma è inserito il seguente:
«Per la stampa non periodica l’autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all’articolo 57-bis del codice penale, provvedono, su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, in caso di ristampa o di nuova diffusione, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti ai quali siano stati attribuiti fatti o immagini o dichiarazioni
da essi ritenuti falsi e lesivi della loro dignità purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale. La pubblicazione in rettifica deve essere effettuata nella prima edizione raggiungibile con idonee collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento alle notizie che l’hanno determinata»;

e) al quinto comma, le parole: «secondo e terzo comma» sono sostituite dalle seguenti: «secondo e quarto comma» e le parole: «secondo, terzo e quarto comma» sono sostituite dalle seguenti: «secondo, terzo, quarto e quinto comma»;

f) dopo il quinto comma è inserito il seguente:
«Della procedura di cui al quinto comma può avvalersi spontaneamente l’autore dell’offesa, anche qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile della trasmissione radiofonica o televisiva non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta o questi ultimi soggetti, anche ove non abbiano ricevuto la richiesta di pubblicare una rettifica»;

g) dopo il sesto comma è inserito il seguente:
«La pubblicazione della rettifica, con le caratteristiche di cui al presente articolo, rende improcedibile la querela, ove proposta».

2. Dopo l’articolo 11 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è inserito il seguente:
«Art. 11-bis. – (Risarcimento del danno). – 1. Nella determinazione del danno derivante dalla pubblicazione ritenuta lesiva della reputazione o contraria a verità, il giudice civile tiene conto dell’effetto riparatorio della pubblicazione della rettifica, su richiesta della persona offesa o pubblicata spontaneamente da chi ha causato il danno o da terzi.
2. Quando il giudice procede alla liquidazione del danno in via equitativa, l’entità del danno non patrimoniale non può comunque eccedere la somma di 50.000 euro, in ragione della diffusione del mezzo
di informazione e della condizione economica dell’autore dell’offesa, salvo i casi in cui la lesione sia avvenuta a seguito della pubblicazione dolosa di un fatto falso e diffamatorio. Il giudice non è vincolato al predetto limite neppure nel caso in cui sia già intervenuta condanna definitiva, in sede civile o penale, al risarcimento del danno in favore del soggetto che ha agito.
3. Nei casi previsti dalla presente legge, l’azione civile per il risarcimento del danno alla reputazione si prescrive in un anno dalla pubblicazione».

3. Gli articoli 12 e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e successive modificazioni sono abrogati.
Art. 2.
(Modifiche al codice penale).

1. L’articolo 57 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 57. – (Reati commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione). – Fuori dei casi di concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica, radiofonica o televisiva, risponde dei delitti commessi con il mezzo della stampa e della diffusione radiotelevisiva quando non sia noto o identificabile l’autore, se il delitto è conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione. La pena è in ogni caso è la multa fino a euro 3.000».

2. L’articolo 594 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 594. – (Ingiuria). – Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente, attribuendole un fatto falso, è punito con la multa fino a euro 2.000.
Alla stessa pena soggiace chi commette il
fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone».

3. All’articolo 595 del codice penale, i commi primo, secondo e terzo sono sostituiti dai seguenti:
«Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo 594, comunicando con più persone, offende la reputazione di una persona assente, attribuendole un fatto falso, è punito con la multa fino a euro 2.500.
Se l’offesa è arrecata con il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, si applica la pena della reclusione fino a due anni o la multa fino a euro 5.000, ove l’attribuzione del fatto falso sia avvenuta con la coscienza della sua falsità e con la volontà di diffonderlo al fine di ledere l’altrui reputazione; negli altri casi si applica la sola multa fino a euro 3.000.
Nei casi previsti dal secondo comma si applicano le disposizioni di cui al settimo comma dell’articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, sull’improcedibilità della querela, a condizione che l’autore dell’offesa o il direttore responsabile del giornale o del periodico o il responsabile della trasmissione radiofonica o televisiva pubblichi o diffonda, anche spontaneamente, una rettifica con le modalità di cui al primo comma dell’articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e successive modificazioni.
Nei casi di cui ai commi secondo e terzo, con la sentenza di condanna il giudice dispone la trasmissione degli atti al competente ordine professionale per le determinazioni relative alle sanzioni disciplinari.
Le disposizioni dell’articolo 550 del codice di procedura penale non si applicano ai procedimenti per diffamazione di cui al secondo comma del presente articolo».
Art. 3.
(Modifica all’articolo 427 del codice di procedura penale).

1. Dopo il comma 3 dell’articolo 427 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
«3-bis. Il giudice può, altresì, condannare il querelante al pagamento delle spese legali, sostenute dall’imputato, nonché di una somma da 1.000 euro a 10.000 euro sempre in favore dell’imputato assolto con una delle formule previste dall’articolo 530».
Art. 4.
(Norme transitorie).

1. I procedimenti penali per diffamazione a mezzo stampa e radiotelevisione, pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, in ogni stato e grado, rimangono sospesi per sei mesi, con contestuale sospensione dei termini di prescrizione, al fine di consentire la pubblicazione della rettifica, ai sensi e per gli effetti previsti dal terzo comma dell’articolo 595 del codice penale e del settimo comma dell’articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, come modificati dalla presente legge.

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