Non normalizzare lo sfruttamento delle donne

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“L’infame schiavitù del nostro secolo. La civiltà non potrà mai convivere con la schiavitù. Dove questa sussiste, la civiltà è negata”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ieri definito il fenomeno dello sfruttamento sessuale delle donne.
Un discorso accorato, pronunciato in occasione della festa delle donne, mentre nel dibattito politico è entrato il tema della riapertura delle case chiuse.
Partiamo da un punto: la prostituzione non è un’attività economica, ma un’offesa alla civiltà, un oltraggio alla dignità della donna, la mercificazione del corpo. E spesso, molto spesso, dietro la prostituzione c’è criminalità e sfruttamento.
E’ una questione culturale. Perché se non si parte dal presupposto che la battaglia a difesa delle donne è prima di tutto culturale, non si va molto lontano. A prescindere dalle leggi, vanno cambiate le lenti con cui guardare l’universo femminile. Ma ci sono anche le leggi, e anche con quelle dobbiamo fare i conti.
C’è un’espressione breve, ma incisiva che viene usata in ambito medico: secondo scienza e coscienza. E allora ecco che non c’è solo la coscienza a farmi dire no a ogni ipotesi di “normalizzazione” della prostituzione, ma anche la ragione, anzi, le ragioni. Partiamo dai numeri: là dove è stata la prostituzione è stata regolarizzata – penso all’Olanda o alla Germania – è aumentato il numero delle donne coinvolte, così come si sono estese le zone d’ombra nelle quali si sono insediati i gruppi criminali che lucrano sullo sfruttamento delle donne.
Mi si dirà che ci sono donne che lo fanno per scelta, per ragioni economiche e senza costrizioni. E mi si dirà che lo Stato potrebbe trarre beneficio economico dalla regolarizzazione della prostituzione. Ma la dignità della donna non ha prezzo: credo nello Stato liberale più che in quello etico, ma mi domando: quale credito può avere uno Stato che trae beneficio dallo sfruttamento di un essere umano? E con quale credibilità lo Stato andrebbe a lottare contro il traffico di donne quando è direttamente interessato a quel “business”?
Torniamo infine alla questione culturale: legalizzare significa normalizzare. Si tratta di un messaggio sociale profondamente sbagliato, che svilisce la donna, la rende “per legge” un prodotto sul mercato, un oggetto di cui si può disporre in cambio di una contropartita economica. Le cronache ci consegnano con una cadenza inquietante – tre vittime nell’ultima settimana – casi di violenze sulle donne. Solo all’apparenza questi casi non hanno a che fare con la prostituzione, perché sono convinta che tanto più si fa transitare il messaggio che l’uomo può disporre della donna a suo piacimento, tanto più si creerà terreno fertile per altre discriminazioni e violenze. E’ di questo che abbiamo bisogno?

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Una risposta

  1. C’è chi vuole riaprire le case chiuse per poter fatturare e far incassare soldi allo Stato.
    Tuttavia, la prostituzione meglio abolirla.
    Ma se si vuole eliminare il lavoro in nero,
    basta eliminare la moneta cartacea e pagare tutto col bancomat.
    Facendo in modo che ad ogni pagamento col bancomat lo Stato incassi il 10%.
    Una specie di Flat-tax al 10%.

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